E se il Guerriero di Capestrano fosse un falso?
di Valerio Di Fonso
E’ il simbolo dell’Abruzzo, tanto da finire (non senza polemiche) sullo stemma della Regione, in spregio a ogni principio araldico che si rispetti. Eppure il Guerriero di Capestrano potrebbe essere un falso. Da chi arriva la denuncia? Da un abruzzese. Si tratta del regista e giornalista Alessio Consorte, che con il film “Il Guerriero mi pare Strano”, ipotizza che quella statua rinvenuta nel 1934 non sia altro che un falso.
Il Guerriero di Capestrano è stato trovato nel 1934 nella necropoli di Aufinum (l’odierna Ofena), antica città dei Vestini, a pochi chilometri da Capestrano, nella Valle del Tirino. Il suo ritrovamento è avvenuto grazie ad un contadino locale durante i lavori di dissodamento dei suoi terreni. Del guerriero trovò l’intero busto, ma non la parte inferiore delle gambe, rinvenute solo grazie a scavi successivi. L’opera si stima sia di origine italica, risalente al VI secolo a.C., e si pensa che in origine fosse dipinta. Due metri e nove centimetri di altezza, raffigurante una figura maschile stante, con braccia ripiegate sul petto, in costume militare. La testa è coperta da un elmo da parata a disco che copre le orecchie e ha una maschera sul volto; il torace è protetto da dischi corazza retti da corregge, mentre un altro riparo, in cuoio o in lamina metallica, sorretto da un cinturone, protegge il ventre. Sul petto una spada, l’elsa, il fodero e un pugnale, mentre con la mano destre regge un’ascia.
La pellicola di consorte mira a sollecitare riflessioni e richieste di chiarezza circa l’autenticità del reperto. Attraverso documenti inediti e approfondite indagini, Consorte ha studiato e analizzato la realizzazione del manufatto con un risvolto clamoroso inserito nel film. Tra le ipotesi, addirittura, sembrerebbe che il volto del guerriero ricordi vagamente quello di Benito Mussolini. Insinuazioni che sono valse al regista una diffida da parte della direzione regionale Musei Abruzzo.
Tra le prove portate sul maxischermo da Consorte, c’è la lettera di padre Antonio Ferrua, archeologo dello Stato Pontificio, che si occupò delle ricerche della tomba di San Pietro in Vaticano. In una lettera indirizzata allo storico e archeologo abruzzese, Fulvio Giustizia, l’uomo di chiesa riportava la notizia datagli da un suo collega monsignor Stanislas Le Grelle, scrittore della biblioteca vaticana, che il ‘Guerriero di Capestrano’ è un “falso”. Secondo il documento, la statua non sarebbe altro che un’opera di un antiquario di Napoli. Altro elemento preso in considerazione, riguarda la profondità nella quale è stata ritrovata la statua. I sepolcri antichi giacciono a quattro metri di profondità, mentre il Guerriero è a meno di quaranta centimetri sotto la superficie quando si imbatte nell’aratro dell’agricoltore a cui si deve la sua scoperta. Inoltre, l’analisi sul pigmento della statua, realizzata nel 2005 dal Cnrr, non avrebbe rilevato alcun elemento atmosferico sulla sua superficie. Insomma, in 400 anni di esposizione all’aperto, il gigante di Capestrano non sarebbe stato raggiunto neanche da un giorno di pioggia. Neanche a Pasquetta. Il docu-film si avvale delle testimonianze di Danilo Mazzoleni, docente di Epigrafia classica e cristiana, allievo di padre Ferrua; e dell’architetto Dario Del Bufalo, restauratore e specialista in scultura lapidea, secondo il quale proprio gli anni Trenta in Italia furono il periodo di maggiore contraffazione di opere d’arte, soprattutto di statue in marmo. In pratica un pacco, figlio della propaganda a favore del Fascismo.
Ma il Guerriero di Capestrano ha fatto già discutere l’anno passato, dopo il progetto di legge della Regione Abruzzo di inserirlo all’interno del proprio stemma. Idea bocciata da Fabio Valerio Maiorano, componente della Deputazione di Storia Patria in Abruzzo. L’inserimento di quella effige, infatti, rischia di snaturare e di rendere ancora più “complicato”, per non dire pasticciato e confuso, l’attuale stemma in uso, di per sé già irrispettoso dei principi araldici, della storia dell’Abruzzo e finanche della legge, visto che l’araldica pubblica (concessione o modifica di uno stemma) è materia di “esclusiva competenza” dello Stato, come ribadito anche nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2011, art. 1 comma 2, relativo alle “Competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di onorificenze pontificie e araldica pubblica e semplificazione del linguaggio normativo”. Evidentemente, nessuno in Regione si è premurato di contattare il competente “Ufficio onorificenze e araldica” per avere i prescritti pareri, tantomeno ha avvertito la necessità di consultare gli esperti di araldica.