Gocce d’Abruzzo: la Ratafia
di Valerio Di Fonso
E’ il più tipico dei liquori italiani, ha un colore rosso scuro e un sapore zuccherino, componenti che derivano dal frutto utilizzato per la sua preparazione: le ciliegie. Stiamo parlando della Ratafia, la cui ricetta cambia di regione in regione. Ma quando si parla di Ratafia in Abruzzo, si intende un liquore tipico della regione. Un autentico souvenir da portare a casa o regalare ad amici e parenti, per far degustare il sapore abruzzese.
L’origine del nome Ratafia
L’etimologia del nome ce la consegna Alessio de Berardinis, nel testo “Ricordi sulla maniera di manifatturare vini e liquori”, pubblicato a Teramo nel 1868. “Il nome Ratafia – si legge – gli fu dato da quell’uso che anticamente avevano gli ambasciatori delle potenze belligeranti quando trattavano della pace ad una lieta mensa, di bere questo liquore e di pronunciare quelle semplici parole latine Pax rata fiat!”. Attraverso l’analisi di fonti storiche, si è scoperto che la Ratafia, così come altri liquori e distillati, veniva usata per sancire gli accordi commerciali o la stipula di atti notarili e legali al termine delle trattative.
Le ciliegie da scegliere per la Ratafia
Anzitutto, nella preparazione della Ratafia, occorre tenere a mente che esistono due diverse specie botaniche di ciliegie. La prima è il ciliegio dolce (anche nota come Prunus avium). La seconda è il ciliegio acido (o meglio: Prunus cerasus). Dalla prima specie sono state selezionate le numerose varietà di ciliegie che portiamo in tavola come frutta fresca. La varietà acida produce invece le amarene, le visciole e le marasche. Tre varietà che si distinguono dalle specie dolci per la dimensione minore, per il sapore amarognolo e, a volte, anche per il colore. Bisogna considerare, inoltre, che la commercializzazione su vasta scala delle ciliegie dolci e grandi è relativamente recente: in Italia da circa un secolo. Storicamente le ciliegie che si usavano per la tavola, per le composte, le confetture e i liquori erano prevalentemente quelle di varietà acida. Questo vale per tutte le tipologie di liquori: tanto per la Ratafia di ciliegie, quanto per il tradizionale ciliegiolo che per quello con la grappa che ha origini più lontane. Per la riuscita di un ottimo liquore sono necessarie le ciliegie molto mature. Quelle che, per l’aspetto, non verrebbero mai servite a tavola, ma che dietro a ciò che vede l’occhio nascondono un sapore forte. Esattamente quello che serve per un buon liquore, per una buona Ratafia.
L’antica ricetta contadina
Le ciliegie mature vanno poste all’interno di recipienti di vetro assieme a dello zucchero. Questi recipienti devono rimanere esposti al sole per un mese, il tempo necessario per favorire la fermentazione. Successivamente viene aggiunto del vino rosso, preferibilmente del Montepulciano, che viene lasciato macerare per altri trenta giorni, agitandolo periodicamente. Nulla vieta di far proseguire il processo anche per 4, 5 o addirittura 6 mesi. Il liquore viene quindi filtrato, a volte ripetendo il passaggio con l’aggiunta di alcol per aumentarne la gradazione (che varia tra il 7 e il 22%) prima di imbottigliarlo. Il consumo, solitamente, è giovane. Ossia la Ratafia rende ancor meglio se consumata appena imbottigliata. Una preparazione secolare, che ovviamente viene tramandata attraverso la tipica ricetta che utilizzavano i contadini secoli fa.
Gli ingredienti che non ti aspetti
Ognuno ha il proprio segreto per esaltare il sapore della Ratafia. Sui confini abruzzesi a ridosso della Valle del Liri, ad esempio, al tipico liquore viene aggiunta una goccia di caffè, della vaniglia e della cannella. Abbinamento inusuale solo alla vista, ma non al palato, mantenendo comunque la freschezza degli aromi che la contraddistinguono.